giovedì 6 febbraio 2014

Il diario di Eddie: III post.

Data: Ancora con sta menata!
Ora: sempre quella più buia.

Caro AMD,
 
mi sa che devo cambiarti il nome. Ormai siamo amici, la formalità non ci deve essere. Vediamo … Free Gate … non suona male. Ti piace? Beh se non ti piace sticazzi!
Ormai è qualche giorno che non uso la tua tastiera, per liberare la mia mente e il mio animo. Sai sono stato colpito da un accenno di depressione. Tuttavia, non posso permettermi di non essere completamente presente a me stesso, non posso permettere che la parte irrazionale di me, prenda il sopravvento sulla mia parte logica.
Sono un tecnico informatico, per dio! La mia testa ragiona in codice binario, dopo tanti anni di questo lavoro. Tutto deve tornare!
Qui la situazione è la solita; i cinque amici sono nel piazzale a fare la guardia, ed io porto avanti il ritmo che ho sempre avuto nella mia vita.
Sveglia, colazione, lavoro fino a mezzogiorno, pausa pranzo, lavoro, cena e tempo libero. È importante avere i ritmi, le nostre abitudini, anche se dobbiamo adattarle alle circostanze. Penso che ormai siamo talmente schiavi delle nostre abitudini, che non c'è ne rendiamo conto. Scandiamo il nostro tempo e agiamo nel nostro presente, nel nostro futuro, in base a quello che altri hanno deciso.
Credo che ciò, derivi dal fatto che, così facendo, non pensiamo, non decidiamo. Siamo degli illusi nel ritenerci liberi; in realtà siamo schiavi, servi sciocchi ma fedeli, di una serie di regole che a volte non conosciamo, e che, sicuramente spesso, non comprendiamo. Tuttavia, come un enorme gregge, ci diciamo “... se lo fanno tutti vuol dire che è così!”
Siamo diventati dei perfetti automi, collegati ad un unico cervello centrale che definiamo società.

Ma ora basta con ste considerazioni da “pippe mentali”.

Quando la base è stata sigillata, ed io sono stato di fatto sequestrato e arruolato, ero in contatto con la mia famiglia a Palermo.
Ah … la splendida Palermo, città di mafia certo,ma soprattutto città di cultura, sole, mare, buon cibo. Città natale di grandi intellettuali e uomini giusti, di gente semplice ma cordiale ed accogliente.
Con loro ci sentivamo, ovviamente, via mail e qualche volta via skype. Io non ero sposato, per fortuna, ma avevo le mie compagnie femminili. Capisci a me!
Giù c'erano (ci sono?) i miei genitori e mia sorella, ed era soprattutto con lei che mi sentivo. Il nome non lo dirò mai, perché da buon siciliano, sono gelosissimo delle donne della mia famiglia. :-)
Mia sorella diceva che a Palermo, per la sua posizione geografica e grazie alla forma della città, le cose non andavano poi tanto male; era stata scelta come una enclave sicura e libera dai contagiati.
Alcune autorità militari italiane e americane, hanno eretto un grande muro, intorno alla città, e usavano il porto come porta di accesso. Quelle bestie di capoccioni militari, hanno abbattuto, nel centro di capoluogo, palazzi, ville, giardini, fottendosene se, ciò che distruggevano, fosse un patrimonio storico. Per fare cosa?
Per fare una pista di atterraggio degli aerei. Ma sono scemi dico io?
Prova ad immaginare la stupenda Palermo vista dall'alto. Vedrai la mia bellissima città deturpata da una cicatrice, che corre da est ad ovest, spezzando in due la città. Mio dio che scempio!
Ad ogni modo la situazione era più o meno tranquilla, a parte la legge marziale, il coprifuoco e la maledetta fobia dei generali per la sicurezza. Casi di contagio in città se ne erano verificati veramente pochi, subito scovati ed eliminati dai soldati. I rambo facevano veramente bene il loro lavoro. Fin troppo bene!
Sparavano chiunque fosse sospettato di essere infetto.
All'esterno, di questa sorta di nuova arca di Noè, invece, era un'altra storia. C'erano zombie e sopravvissuti ovunque. I lamenti di quelle bestie e le grida dei fuggiaschi erano veramente uno strazio; onnipresenti ad ogni ora del giorno e della notte, in ogni angolo della città.
Mia madre, poverina, da buona cattolica pregava sempre la madonna, affinché li aiutasse a superare l'inferno che stavano vivendo. Ormai non badava più alla casa e alla famiglia; era in preda ad un vero furore mistico. Pregava dalla mattina presto, fino a sera tardi. Chissà se la sua fiducia nelle preghiere si affievoliva man mano che i giorni passavano, o se il tono della sua voce aumentava giorno dopo giorno, per il timore che il buon padre celeste non sentisse!
Mio padre, invece, era animato da una rinata verve mascolina. Aveva recuperato e pulito i suoi fucili da caccia, montando la guardia alle finestre della nostra casa, praticamente sempre. Solo quando, stremato dalla stanchezza, sprofondava sulla poltrona, riusciva riposare; poi svegliandosi di soprassalto, iniziava così la perlustrazione di ogni angolo della casa.
Furioso, malediceva il mio nome. Ero andato via quando ne avevano bisogno; secondo lui, era compito dei maschi difendere e proteggere la famiglia. Dato che io non c'ero, questo enorme compito era tutto sulle sue spalle. Ti voglio bene papà! Ti ho deluso!
Mia sorella, poverina, cercava di prendersi cura dei due come poteva.
Non si sa come la situazione è precipitata. In città è iniziata a comparire l'infezione.
Ora so come questa piaga attaccasse gli uomini. Attraverso la droga! Posso immaginare chi possa aver fatto entrare quella merda in Palermo. Il cancro della Sicilia, ancora una volta nella sua stupidità, ha rilasciato le sue metastasi, uccidendo tutto quello che ha toccato. Mafiosi di Merda!
Cosa sia successo dopo non lo so. Le comunicazioni si sono interrotte, e neanche sfruttando le comunicazioni militari, sono riuscito a sapere qualcosa. Spero che stiano tutti bene.
Sono certo che la mia sorellina sia riuscita a cavarsela, è troppo in gamba per non farcela; ma i vecchi ho paura di no.
Mamma Dio non ci sente!
Papà, i proiettili prima o poi finiscono!
Bene ora stacco. Il tempo dello svago è finito. Domani ti racconto come, i miei cinque amici, sono diventati i cani da guardia della base.

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