giovedì 28 novembre 2013

FAMIGLIA

Max cadde immediatamente in un sonno profondo. Eddie e Ivan, invece, non riuscivano a dormire.
"Eddie, come ci sei finito qua?, come hai fatto a resistere per tutto questo tempo?"

martedì 26 novembre 2013

CORRISPONDENZA 2

Da: visi123@tormail.org
A: vecchio122@tormail.org
Data: 05/05/2007 - 21.30
Oggetto: Siamo nella merda!

Caro Sergio,

CORRISPONDENZA

L'informatico fece strada ai due ospiti verso un computer con l'intento di mostrare loro alcune corrispondenze.
"Date un'occhiata qui. Magari voi ci capite qualcosa di più".

sabato 23 novembre 2013

COMPRENSIONE

Max guardò Ivan e poi Eddie e disse:
"Piacere Eddie".
"Piacere mio" rispose Eddie.
"Ora che abbiamo fatto le presentazioni, lascia che ti illustri la situazione Edgardo; Ti lascerò libero, e faremo due chiacchiere da vecchi amici, però ti avviso che il mio, ed ora anche tuo, amico Max è abbastanza incazoso e ha una mira da far invidia a Tex Willer. Per cui se fai qualsiasi cosa che non ci piace lui, ti farà un bel buco in fronte". Ivan si apprestò a togliere le fascette che aveva usato per ammanettare Eddie; mentre si chinava per liberare Eddie, continuo:
"ah dimenticavo, mena anche molto forte; se ci prendi per il culo e tenti qualche scherzo può farti veramente molto male". 

EDDIE

Ivan e Max scelsero di entrare nella base, scavalcando il muro di cinta dove era collocata l'entrata principale. Scavalcarono in punto abbastanza nascosto, dato che vicino esisteva un cavalcavia dell'autostrada, e questo rendeva i due abbastanza nascosti.
Dall'alto videro la postazione che viene occupata dal corpo di guardia, in ottime condizioni, con delle vetrate ancora intatte; Loro sapevano bene che quelli erano vetri antiproiettile che difficilmente potevano essere sfondate. La postazione della vigilanza, si affacciava sulla piazza d'arme, larga circa cento metri e lunga almeno il doppio con l'immancabile palo, dove tutte le mattine veniva issata la bandiera, con i coreografici plotoni di soldati inquadrati e sull'attenti.
Subito sulla destra c'erano delle costruzioni che dovevano essere adibiti ad uffici e immediatamente adiacente ad essi la mensa.

giovedì 21 novembre 2013

GITA NOTTURNA

Uscire di notte a piedi da solo, pensò Ivan, non era stata una buona idea. Contava di recuperare qualche mezzo lungo la strada, l'autostrada dei laghi non era tanto lontana, e come aveva avuto modo di constatare mentre rientrava dalle precedenti missioni, era piena di autovetture. Sicuramente trovarne una che funzionasse, si sarebbe rivelato un gran bel colpo di fortuna, ma ci tutto sommato ci sperava. Se la dea bendata non lo baciava, avrebbe raggiunto a piedi la sua meta.
 
"Ma che cazzo mi è venuto in mente? se Max e Macchiavelli lo vengono a sapere, questa volta mi fanno la pelle sul serio. E poi dove minchia sto andando? Fanculo; sia quello che deve essere", pensò mentre camminava ai margini della strada, per rendersi il meno possibile visibile ed avere allo stesso tempo una via di fuga. Aveva percorso circa una decina di kilometri quando si imbatté nei primi due mostri, due uomini, che indossavano ancora le loro lerce divise del centro commerciale Iper.
Uno aveva il segno di morsi sulla guancia, l'occhio sinistro era fuori dall'orbita appeso sullo zigomo mantenuto solo dal nervo ottico.  Ivan pensò che il tizio non era morto da tanto, altrimenti il nervo si sarebbe putrefatto e l'occhio caduto. Al secondo, invece, mancava completamente la parte del braccio destro amputato di netto all'altezza del gomito; Non presentava altri segni di morsi o  ferite. Ivan riteneva che probabilmente quel disgraziato fosse stato morso alla mano, o in qualche parte del pezzo che mancava, e che si sia amputato o gli abbiano amputato il braccio, per dargli qualche speranza,. ma a quanto pare questa speranza era stata mal riposta.

mercoledì 20 novembre 2013

INCUBO

Il sonno di Ivan come al solito non fu per niente riposante. Immancabilmente il ricorrente incubo notturno gli fece visita. Non lo lasciava mai, quasi fosse come la persona che amava, che come anni prima divideva il letto con lui.
Ivan non si spiegava come mai, dal giorno in cui ha perso la moglie e i due figli, quell'incubo era comparso. Cosa voleva dire? Quale messaggio voleva mandargli?
La parte in cui i mostri volevano la sua carne, lui riusciva a comprenderlo; quello che non capiva era, invece, perché prima combatteva contro di loro come un leone, tentava di fuggire non ci riuscendosi, avvertendo le gambe pesanti, la lentezza dei movimenti, il dolore a fare una qualsiasi azione che una persona come lui avrebbe fatto senza nessuna difficoltà.
Quando, invece, decideva di soccombere, di abbandonarsi alle fauci dei mostri, la pace lo pervadeva, il dolore spariva, la serenità di essere giunto alla fine di un cammino impregnava la sua anima ed il suo corpo, alla stregua di un uomo molto anziano che muore nel suo letto, circondato dai suoi familiari,  dopo una vita vissuta pienamente e felicemente.
Per quanto si sforzava di vedere messaggi, premonizioni, avvertimenti in quell'incubo, per quanto cercava di analizzarlo nelle scene, negli odori, negli stati d'animo, nei rumori, nelle sensazioni fisiche la sola conclusione che traeva era che lui doveva diventare un mostro.

domenica 17 novembre 2013

VERITA'

Durante il tragitto che li avrebbe condotti a dei squallidi pagliericci, che loro chiamavano posto letto, Ivan e Max erano silenziosi. Stufo e a disagio, Max interruppe quel silenzio che pesava come macigno.
"Cosa pensi di quel bel discorsetto sulle formalità, regole e cazzate varie?";
Ivan fu sorpreso dall'inaspettato cessare del silenzio, e girando la testa per guardarlo in faccia rispose:
"Non saprei, una parte di me crede che lei abbia ragione, che le abitudini ci rassicurino. Il fare ripetitivo delle azioni quotidiane, ci fa sentire bene, ci fa credere che stiamo facendo la cosa giusta. Credo che in noi sia presente una insicurezza di fondo, latente, che solo col tran tran quotidiano riusciamo a sopire e sepellire nel più profondo di noi.
L'altra parte, invece, non accetta questo essere parte di un meccanismo sociale; essere inseriti in un contesto che non si è ne voluto, ne deciso. Non è la società che decide quale è il mio posto nel mondo, ma sono io che devo scegliere dove collocarmi, in base ai miei desideri alle mie capacità, alle mie ..."
"Ma che cazzo stai dicendo? Guarda che devi cambiare spacciatore, la bamba che ti vende non è buona" disse Max interrompendo Ivan nella sua risposta;
"Forse hai ragione Max, devo cambiare spacciatore, appena lo becco quello stronzo gli rompo il culo" disse Ivan sorridendo.
"Ma toglimi una curiosità orso Yoghi, ma perché chiamate il comandante, Macchiavelli?" chiese Ivan,
"ahahahahahah certo, a condizione che tu mi dica cosa è successo in quelle due ore che ti ho aspettato alla macchina" rispose Max, "una domanda per una domanda" concluse facendosi di colpo serio.
"Ok ci sto! Però inizio io, così magari ti passa la voglia di farmi domande. Almeno se non sei a conoscenza delle mie marachelle, non potrai testimoniare contro di me" disse Ivan allargando il precedente sorriso in una risata profonda.

mercoledì 13 novembre 2013

REGOLE E FORMALITA'

"Dunque, le altre pattuglie hanno riferito di aver visto molti giardini, circondati da mura, coltivati. Tuttavia, non hanno notato nessuna presenza di esseri umani, e cosa ancora più strana, hanno visto pochissimi mostri vagare per la città," disse Macchiavelli quando convocò Ivan e Max per il debrifing della missione; "Voi due invece che mi dite?" chiese.
Fu Max a parlare per primo sentendosi in dovere di evitare che Ivan parlasse a sproposito:
"Noi comandante, abbiamo notato si i giardini, ma anche la presenza di esseri umani, intendo quelli vivi come noi, sistemati nel deposito dei monopoli. Non siamo sicuri di quanti siano, ma supponiamo che siano una settantina tenendoci bassi come cifre. Abbiamo visto che escono ogni tanto in pattuglia e presumiamo che eliminino i mostri che incontrano per evitare di essere assediati. Catturano altri sopravvissuti ma non sappiamo a che scopo; come ci è stato ordinato non abbiamo avuto approcci con loro".

BESTIE

Il viaggio del ritorno sembrò durare una eternità. il silenzio tra Ivan e Max era carico di tensione, ma Ivan lo ignorava, oramai sapeva di aver superato quel limite dal quale non si può ritornare indietro. Oramai la sua anima apparteneva ai dannati, se mai in questa nuova realtà fossero rimasti ancora dei giusti. In tutta la sua carriera da poliziotto, mai aveva estratto e puntato l'arma versa una altra persona, se non in addestramento. Mai aveva fatto deliberatamente del male ad un altro essere umano, ad eccezione di uno sei anni prima. Era certo che in questa vita Ivan era morto; quando ha scientemente sparato al ragazzo e poi crocifisso Totò, la sua essenza vitale, i suoi pensieri, le sue convinzioni, le sue passioni, non sarebbero state più le stesse.
Non aveva provato piacere a giustiziare i due prigionieri, non aveva provato odio; si era erto a giudice e giuria e aveva semplicemente applicato la sentenza, da lui, emessa. Sentiva di aver applicato la giustizia, in nome di quei bambini stuprati e seviziati, di quelle donne e uomini schiavizzati e mangiati.
Max taceva, ma in cuor suo piangeva; nonostante il suo comportamento, nonostante le pose che si sparava, lui credeva nella legge, credeva nell'essere umano. Non gli interessava se una norma fosse giusta o sbagliata, il suo compito era quello di farla rispettare, di applicare le regole a tutti in modo imparziale, giusto e per quanto ne sapeva in Italia la pena di morte era stata abrogata parecchi anni prima.
Max non riusciva a credere che il suo "socio" fosse crollato; vedeva in lui una luce diversa.
Arrivati al campo, mentre scaricavano il mezzo di quelle misere cose che avevano Max disse:
"Senti nel rapporto non dirò nulla di quello che hai fatto al ragazzo, e di quello che sicuramente hai fatto al vecchio. Avrai avuto le tue ragioni, e se vorrai un giorno me le dirai. Io non ti giudico, ma ho il dovere di dirti che non condivido quello che hai fatto, hai giustiziato senza averne l'autorità, due persone ..." Ivan lo interruppe e replicò:
"Due Persone? Quelle bestie le chiami persone? Non ti ricordi cosa hanno fatto ai due prigionieri quando erano braccati dallo sciame dei mostri? Non ricordi cosa ci hanno detto riguardo a quello che fanno a quelli che chiamano senza nome? Cristo Max, si mangiano le persone, stuprano le donne ed i bambini ... questi tu li consideri uomini? Beh io no ... ho solo dato la morte a due di quelle bestie pericolose per il genere umano. Sono loro i veri mostri.
Ad ogni modo per il rapporto non sei obbligato a venire meno a quelli che tu consideri i tuoi doveri. Sto schifo sta cambiando me, non voglio che lo faccia anche con te".
"Ed è proprio per questo, perché non voglio che mi cambi, che ho deciso di non dire nulla; In ogni guerra, e questo schifo è una guerra, ci sono dei lutti ingiusti, ma non per questo gli autori, sia politici che militari, vanno di fronte alla corte marziale".
Detto questo si allontanò senza dare la possibilità ad Ivan di replicare. Quello che però trapassò il cuore di Ivan come una lama bollente, fu lo sguardo impregnato di compassione e pietà che Max riversò su di lui.

mercoledì 6 novembre 2013

CROCIFISSO 12

Ivan rimase colpito da tanto ardore che il prigioniero aveva sputato fuori al nominare il Messia. Si girò pensieroso, guardando fuori dalla finestra, cercava un modo per continuare la discussione pensando al modo per far si che i due non chiudessero a riccio.
Decise che forse era meglio concedergli qualcosa, pensava che dirgli qualcosa di loro, sarebbe servito a far cadere le barriere che Totò aveva alzato.
Si sedette di fronte all'uomo e disse:
"Noi, io ed il mio amico armadio, siamo due poliziotti, o meglio due ex poliziotti. Prima che tutto questo iniziasse, eravamo stati mandati su ad un passo di montagna per punizione. La Svizzera aveva chiuso le frontiere e noi dovevamo controllare che non ci fossero sconfinamenti clandestini. Sai, siamo stati delle teste calde e il nostro comandante, che il diavolo se lo porti, ci ha spedito lassù. Quando abbiamo visto i mostri per la prima volta, abbiamo deciso di togliere le tende e di cercare un posto sicuro. Dato che il nostro vecchio reparto era a Milano, ci stavamo dirigendo lì. Poi abbiamo incontrato una vostra squadra, e la abbiamo seguita. Prima di farci conoscere volevamo capire in cosa ci saremmo andati ad imbattere. La prudenza non è mai troppa!".
"Totò ascoltò attentamente, ma rimaneva dubbioso su quanto Ivan gli diceva; il suo istinto gli diceva che in quella storia c'era molto di più. Chiese:
"Come mai le nostre vedette non vi hanno notato?" e proseguì "Sono molto attente, non gli scappa nulla!".
"Beh in verità, non siamo dei comuni poliziotti; Quando l'età era dalla nostra parte, prestavamo servizio nei NOCS". Ivan provò vergogna per quello che diceva, lui non era mai stato nei NOCS, e aveva l'impressione di offendere Max, quando millantava l'appartenenza a tale reparto. Sapeva quanti sacrifici e quanta fatica occorrevano per entrare a far parte del Nucleo. "Siamo in grado di non farci notare", concluse Ivan.
"Che facciamo decidiamo di fidarci gli uni degli altri?" proseguì, leggendo negli occhi di Totò la diffidenza, "Perché io e Max non abbiamo intenzione di rischiare il culo. Siamo sopravvissuti ai morti per tutto questo tempo, e non abbiamo intenzione di rimarci secchi per mano dei vivi".
"Ok mi voglio fidare  anche se il mio istinto mi dice di no" rispose Totò, "d'altronde che alternative possiamo avere? siamo prigionieri e disarmati; E poi due tizi con la vostra esperienza possono farci comodo."
"D'accordo! Ma perché i prigionieri?" disse a bruciapelo Ivan, ricordando la scena di qualche giorno prima, "perché catturate gli altri sopravvissuti?".
"Perché sono impuri! Non sono degni di far parte del nostro popolo se prima non si convertono, se non accettano il nostro Messia come loro Dio. Sono degli animali e come tali vengono trattati".
"Presumo che il cammino verso la rivelazione, passi attraverso la fatica" disse Ivan.
"E anche dimostrando di essere degni, di essere servi fedeli del nostro Messia obbedendo ad ogni suo volere", gridò Matteo, stanco di stare in disparte. In fondo lui si sentiva un uomo, aveva lottato, sofferto, assecondando ogni volere, spirituale e materiale del Messia, per essere considerato tale e non accettava di essere tenuto in un angolo come un lattante in castigo.
Max stava per abbassare ancora una volta la sua grande mano sul volto del ragazzo, per ricordagli di tacere, ma Ivan lo fermò. "Fai il bravo Max, Paperino si sente adulto, lasciamolo partecipare ai discorsi dei grandi, ma se fa il maleducato, ricordagli come ci si deve comportare", facendo un grande sorriso accompagnato da un occhiolino verso Max e il ragazzo.
Voltando di nuovo il volto verso Totò prosegui:
"Dunque, vediamo se ho capito bene, siete stati eletti per sopravvivere in questa apocalisse; lottate per liberare il mondo dal male, catturate altri uomini per convertirli, ma nel cammino di conversione li trattate come schiavi, li fate lavorare perché, voi eletti, avete il ruolo di combattenti; fin quando i miscredenti non sono degni del vostro popolo li considerate animali, e potete ucciderli senza pietà come vi abbiamo visto fare con due di loro, quando lo sciame ha attaccato la vostra carovana giorni fa. Se due più due fa quattro, visto che sono schiavi, sono autorizzato a pensare che le donne vengano regolarmente stuprate, d'altronde i soldati di Dio devono avere delle ricompense, quando servono il loro Messia". Nell'animo di Ivan, cresceva una rabbia enorme mentre esternava il suo pensiero agli altri, tuttavia non voleva credere che quello che stesse dicendo corrispondesse a verità; voleva con tutto il suo cuore che si sbagliasse, che il suo pensiero era la conseguenza di tanto stress e orrore vissuto fino a quel momento. Ma lo sguardo allucinato di Totò e il bloccarsi del ragazzo gli dicevano che aveva colpito nel centro, che la follia umana stava esplodendo, in un mondo senza più regole e morale, in tutta la sua prorompente malvagità.
"Sono animali e devono servire il popolo eletto, con anima e carne, siano essi uomini, donne o bambini." gridarono all'unisono i due prigionieri.
Ivan e Max si scambiarono uno sguardo di terrore, avevano compreso appieno chi fossero i veri mostri in questa nuova apocalisse.
"Ma come fate a mantenerli? come vi mantenete? Intendo col cibo?" chiese Max, cercando di calmare l'onda di puro terrore che lo aveva assalito.
"Questa città ha tante villette con grandi giardini, recintati da alte mura, coltiviamo la terra e ne raccogliamo i frutti" disse Matteo guardando in direzione di Ivan che rimaneva ancora muto e scosso da quanto sentito, "quando la terra non ci allieta con i suoi frutti, i senza nome, servono il popolo eletto con la loro carne, così con il loro sacrificio, vengono mondati dai peccati e saranno accolti con canti di giubilo dal Padre Celeste", continuò Matteo senza paura fiutando il terrore che sgorgava dal corpo di Ivan.
A queste parole l'anima di Ivan morì definitivamente. Si alzò, si diresse verso il ragazzo di cui ormai non ricordava nemmeno più il nome e disse:
"In nome del genere umano, e di tutte le religioni conosciute, di tutte le leggi scritte dagli uomini e in nome di tutte le vostre vittime, siete state riconosciuti colpevoli di: riduzione in schiavitù; stupro; cannibalismo; omicidio; tortura; pedofilia e infanticidio! Siete condannati a morte". Finì la frase, estrasse la pistola e sparò, contrando il ragazzo in piena fronte.
"Porca puttana Ivan che hai fatto? Cazzo hai fatto! Era solo un ragazzo!" gridò Max estraendo a sua volta l'arma e puntandola verso Ivan.
"Max raccogli le tue cose; Vai al mezzo, ce ne andiamo! Io ti seguo tra qualche ora", disse abbassando l'arma e guardando Max così intensamente, che quest'ultimo non riuscì ad obbiettare e fece quanto detto.
Due ore dopo Ivan raggiunse MAx nel luogo dove avevano nascosto il mezzo, e senza scambiarsi nemmeno uno parola, fecero rientro. Nel frattempo il Messia, si affacciò alla sua finestra, come  ogni giorno faceva; sul muro dell'edificio di fronte vide quella che sembrava una croce con un corpo attaccato ad essa. Prese il binocolo e guardò quella, che a lui parve essere una  blasfemia; quello che vide gli fece scappare un urlo e lasciò cadere il binocolo per terra.
Su quella croce c'era il corpo di Totò, con i genitali e la lingua recisa. Sulla sua testa un cartello, su cui era scritto:  "Tu sei il Messia. Io sono il tuo Ponzio Pilato".

domenica 3 novembre 2013

CROCIFISSO 11

"Ok visto che hai capito di fare il bravo, iniziamo con le presentazioni, io sono Ivan e quell'armadio dietro di me, si chiama Max, con chi abbiamo il piacere di parlare?";
"Lui e Topolino ed io sono Paperino" rispose il più giovane dei due, che nel frattempo si era ripreso; Guardava Ivan negli occhi, con ferocia, spavaldo, per niente intimorito e non pienamente consapevole della situazione in cui si trovavano. Ivan rise vedendo quello sguardo, era ammirato da tanto ardore, ma era sicuro che nasceva solo ed esclusivamente dalla sua giovane età. Era certo che quel ragazzo non sarebbe sopravvissuto a lungo, in quel mondo se non si fosse dato una calmata.
"Ascolta Paperino, abbiamo due modi per interloquire, uno semplice ed uno doloroso. Quello semplice prevede che noi domandiamo, e voi rispondete; l'altro, invece, prevede che il mio grosso amico qui dietro, ti usi come sacco da boxe, è tanto che non si allena ed è molto incazzato, come poc'anzi vi ha detto", riprese a dire Ivan rivolgendo il suo sguardo al più vecchio dei due. L'istinto gli diceva che era con il biondo che doveva parlare, gli sembrava più saggio e più cacasotto.
"Io sono Totò e lui è Matteo" disse il più vecchio avendo capito perfettamente lo sguardo di Ivan.
"Piacere Totò ... mi dici quanta gente c'e in quel deposito?" chiese Ivan
"Siamo una settantina ...donne, bambini compresi" rispose "senza contare i senza nome".
"Stai zitto imbecille, non dire niente, se il messia lo viene a sapere sai che fine facciamo!" urlò Matteo in direzione di Totò, il quale a sentire il nome del Messia spalancò gli occhi. Max ormai spazientito dal moccioso, gli si avvicinò e gli assestò un man rovescio che lo scaraventò a terra, aprendogli una ferita sul labbro superiore. "A certa gioventù occorre insegnargli la buona educazione, non si interrompono due adulti che parlano" disse, e si piazzò davanti al ragazzo, pronto a riprendere la lezione di galateo se fosse stato necessario.
"Senza nome? Messia?" riprese a chiedere Ivan "spiegati meglio per favore, non credo di aver capito bene".
"I senza nome sono i vivi che catturiamo quando usciamo, o che bussano al nostro portone, sono coloro che non fanno parte della nostra comunità. Sono impuri e smarriti, sono coloro che non hanno ancora accettato il Messia", disse Totò.
"Suppongo che il Messia sia il vostro capo?"
"No il nostro Dio" rispose il vecchio con un furore che lascio, per un attimo, Ivan senza fiato.

CROCIFISSO 10

"Beh che dire... gli ordini erano di osservare e non avere contatto con i sopravvissuti; tu mi inviti all'azione trasgredendo gli ordini; ma sai che ti dico: Fanculo agli ordini" rispose Max, ridestandosi dallo shock;

Osservarono per due giorni i movimenti del deposito. Notarono che con regolarità, coppie di vivi uscivano, probabilmente, in ricognizione, e il percorso che prendevano spesso passava nei pressi del loro nascondiglio. Notarono, inoltre, che la presenza di morti nella zona, era praticamente nulla; tuttavia non seppero darsi una risposta a ciò. Busto era una cittadina di circa ottantamila persone, per cui, la presenza dei morti sarebbe dovuta essere consistente. La questione, infondo, non gli interessava più di tanto, poiché era favorevole a loro, meno pericoli da cui guardarsi. L'unica ipotesi che ritennero plausibile era quella, che i sopravvissuti avessero, in tutto questo tempo, fatto pulizia.

Agirono, catturarono due sopravvissuti. I catturati erano persone normalissime, non militari o roba del genere, come si aspettavano Ivan e Max. Innanzi a loro, legati ed ancora svenuti, c'erano due figure mediocri, uno stempiato, capelli biondi, almeno così parve, sotto il sudiciume che aveva in testa, una barba incolta, lunga, che formava una treccia sotto il mento. Il secondo, bruno, magro quasi denutrito, molto più giovane del primo, non aveva la treccia sotto il mento. La sua barba non era folta come quella del primo, Ivan stimò che non avesse più di diciassette anni.

"Chi siete? Cosa volete da noi?" chiese il primo prigioniero, riprendendosi dallo svenimento.
"Amico non credo che tu sia in condizione di fare domande" esordì Max "per una serie di motivi: primo, siete legati; secondo, le persone armate siamo noi; terzo, siamo abbastanza incazzati, e non vi conviene farci incazzare ancora di più".
Il prigioniero comprese che era meglio stare buoni, il suo buon senso suggeriva di assecondare quei soggetti; decise di assecondare i due carcerieri, d'altronde, non sarebbe sopravvissuto così a lungo se non fosse stato così perpiscace.

CROCIFISSO 9

Nella mente di Ivan i pensieri si affollavano, numerosi, imponenti, crudeli; tuttavia, una domanda non sembrava abbandonarlo mai abbandonarlo, ma ritornava perpetua e spietata, chi sono i mostri?
Ogni volta che tentava una risposta, un raggionamento, la conclusione era sempre la stessa: NOI.
"In fondo i morti obbediscono a un istinto, la ricerca di cibo. Miracolo, maledizione o malattia che fosse, loro sono spinti a farlo, cacciano solo per un motivo cibarsi. Non sono intellgenti, non provano odio o piacere, sconoscono la pietà e l'empatia; loro si cibavano e basta.
Ma NOI? con tutte le doti superiori che ci siamo sempre vanati di avere, con i sentmenti che proviamo, come possiamo fare una cosa del genere? Si potevano difendere dallo sciame, invece senza nessuna remore hanno usato due poveracci come esche. Li hanno lasciati come si lascierebbe una maglia che non serve o non piace più; Senza tentennamenti, senza pietà". Disse Ivan.
"Eri tu quello che sosteneva che l'uomo era fondamentalmente buono, la cattiveria, la delinquenza, la crudeltà, fossero solo il risultato di un insieme di cause, ambientali, sociali e relazionali; sostenevi che se fai crescere l'uomo in una giungla, senza contatti con altri uomini evoluti, lui non avrebbe provato sentimenti come la rabbia, l'odio. Sarebbe stato puro", rispose Max senza staccare gli occhi dalla finestra. Poi riprese "Come hai potuto vedere con i tuoi occhi, l'uomo è fondamentalmente un mostro; sono le regole sociali, la paura della punizione (solo per alcuni), il bisogno di vivere in comunità, che fa nascere in lui i sentimenti di bontà, empatia, rispetto, amore. Hai ragione Ivan, i mostri siamo noi, loro, i morti, cercano solo il loro posto in questo mondo".
"Forse hai ragione, ma se così fosse, come spieghi delle eccezionali figure che abbiamo avuto? Penso a Madre Teresa, a Ghandi, a Martin Luther King e potre continuare ancora" provocò Ivan,
"Anomalie, e come tali moltissime di quelle persone sono state eliminate, altre sono state isolate o peggio boiccotate" ribattè Max tenendo testa all'amico.

"Sei meno coglione di quanto pensassi Max, a volte l'apparenza inganna" si scuso Ivan. "Senti io voglio catturare qualcuno di quelle bestie vive, voglio interrogarle e vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa di utile; che ne pensi?" Chiese Ivan guardando Max con uno sguardo deciso, che sottintendeva che lui avrebbe agito indipendentemente dal parere di Max. Qualcosa in Ivan stava cambiando; la sua anima stava cambiando.

CROCIFISSO 8

Ivan rimase impietrito di fronte a quella visione; sebbene fosse preparato alla violenza, quella scena lo lasciò inebetito.
Man mano che il gruppo arretrava, lo sciame avanzava e si diresse verso i due poveracci feriti che, strisciando, tentavano di portarsi verso il gruppo degli umani. Fu tutto inutile. Lo sciame li raggiunse e, come api sul miele, vi si buttarono addosso, lacerando le loro carni e cibandosi delle loro interiora.
Le grida che si udirono furono disumane, fortissime, tanto che Ivan e Max non riuscivano a sentire il pianto dei bambini nel gruppo.
"Cazzo, Max dimmi che non è vero" disse Ivan con un filo di voce, " ti prego svegliami, dimmi una palla, magari che erano infetti quei poveretti, dimmi che hanno scelto di sacrificarsi, per Dio dimmi qualcosa" continuò, il suo tono era sempre più flebile.
Max non riusciva a parlare, perfino lui era ammutolito.
Mentre lo sciame si cibava di quei agnelli sacrificali, il gruppo passando per delle vie laterali, arrivò nei pressi del deposito; la pesante porta d'ingresso si apri quel poco che bastasse a farli entrare in fila per due, così che, laddove lo sciame avesse attaccato, si sarebbe potuta chiudere senza problemi molto velocemente.

"Hai visto cosa hanno fatto?" chiese Max ridestandosi dallo stupore per quanto visto;
"Purtroppo ho visto! Non avrei voluto, ma ho visto" rispose Ivan quasi sussurrando. continuando: "Solo nei peggiori film d'orrore ho visto certe scene. Siamo animali Max, siamo dei luridi animali e questa è la fine che dobbiamo fare. Dobbiamo essere cibo per morti!".

"Che facciamo ora?" chiese Max. Il suo sguardo era perso, Ivan aveva l'impressione che da un momento all'altro avrebbe vomitato, o peggio, avrebbe ceduto psicologicamente. Se ciò fosse accaduto per Ivan le cose si sarebbero messe veramente male.
"Per ora spettiamo e osserviamo, ci atteniamo alla missione, ma ti prometto che a quel figlio di puttana, gli sparerò in testa" disse Ivan crollando sulle ginocchia e portandosi entrambe le mani al volto.

venerdì 1 novembre 2013

CROCIFISSO 7

"Cazzo Ivan sveglia, c'è movimento nei pressi del deposito; Alza il culo e vieni a guardare" disse Max dando un calcio allo stivale di Ivan disteso.
"Sembra che stiano rientrando da una escursione, e hanno trovato quello che cercavano" esclamo Ivan guardando fuori.
I sopravvisuti, una decina in tutto, armati con fucili, asce, archi, lance e quant'altro dava l'impressione di essere cazzuti, erano in fila a piedi. Tra di loro c'erano delle altre persone, legate, che a testa bassa, rassegnate seguivano terrorizzati e silenziosi, i loro carcerieri, consapevoli che una qualsiasi azione non gradita, significava guai.
"Ma che cazzo fanno? li tengono come bestie? e quei bambini che problemi possono dare?" chiese Max incredulo a quello che stava vedendo. In un mondo pieni di mostri, i pericoli per gli uomini venivano da altri uomini.
"Non lo so Max, non so proprio che dirti" replico Ivan ancora più incredulo a quello che vedeva.

Mentre Ivan e Max, si chiedevano che stesse succedendo, da una strada laterale, a circa quindici mt, dalla testa dello squalido corteo, escirono una decina di morti, che appena si accorsero delle persone, si diressero nella loro direzione, emettendo il loro grugnito facendo vibrare le mascelle.
"Merda Max guarda quello sciame; li faranno a pezzi" esclamò Ivan puntando il dito in direzione dei mostri.

I sopravvisuti videro lo sciame che avanzava verso di loro; Quasi fossero addestrati da anni, si compattarono a formare un semicerchio avendo cura di avere alle spalle il muro di un palazzo. In sincrono dal gruppo si sganciarono quattro figure, due carcerieri e due prigionieri, allontanandosi dal gruppo di circa tre metri verso i mostri. Senza nessun timore o tentennamento spinsero i due prigionieri, un maschio anziano e un uomo sulla quarantina, in avanti e spararono loro ad entrambe le gambe. Poi rientrarono nel gruppo, che lentamente iniziò ad indietreggiare, verso una strada laterale.

CROCIFISSO 6

Il viaggio versoil deposito si svolse senza particolari problemi. Incontrarono solo un paio di mostri lungo la strada, che Ivan e Max eliminarono senza paricolari problemi. I silenziatori svolgevano egregiamente il loro lavoro.
Come rifugio e punto di osservazione, optarono per la sede distaccata dell'università. L'edificio, seppure si trovava quasi di fronte al deposito, offriva una ottima visuale, e per di più, sicuramente, era stata già bonificata dai sopravvisuti.
Ivan e Max, scelsero una stanza del terzo piano, dove da una finestra si poteva tranquillamente osservare il deposito e in più, offriva un paio di vie di fuga niente male. Per la prima volta, dall'inizio del viaggio, poterono rilassarsi e concedersi una pausa, più o meno lunga
"Senti Ivan ma come mai Macchiavelli sembra avercela con te?" esordì Max mentre Ivan tentava di riprendere le forze e fare ordine nei suoi pensieri.
"Cosa ti fa pensare che sia nel mirino del Capo?" rispose Ivan tenendo gli occhi chiusi e tentava di trovare una posizione comoda contro la parete.
"L'ho sentita che ti cazziava il giorno che sei rientrato; non mi pareva che fosse la cazziata di routinne"
"Fa sempre così" rispose Ivan "ormai ci sono abituato. Era il mio dirigente prima che tutto questo iniziasse; Ha sempre esagerato nel cazziare il personale, credo che ci considerava tutti figli suoi, e come una madre voleva tutelarci".
"Minchia se avessi avuto una madre così, sarei scappato di casa molto presto" esclamò Max ridendo.
"Già ... ora capisci perché ogni tanto scappo?" gli fece eco Ivan accodandosi alla risata.
"Credo che sia nelle sue grazie perché vedavamo la polizia nella stessa maniera. Penso che si senta in debito con me" disse Ivan a Max, ma in realtà lo stava dicendo a se stesso.
"Per quello che è successo sei anni fa?" chiese Max "ti ho sentito quando lo hai detto. Anzi credo che ti abbiano sentito fino a Caltanissetta talmente gridavi".
"Forse non saprei" replicò Ivan e dando le spalle a Max, lascio intendendere che la discussione era finita.